venerdì 12 agosto 2016

Gli etruschi maestri di scrittura


C'è scritto "śuθina", 'oggetto funerario'
Consiglio caldamente la mostra Gli etruschi maestri di scrittura, aperta al Museo dell’Accademia Etrusca di Cortona fino all’11 settembre.
 
La mostra è innanzitutto un’eccezionale occasione per vedere riunite in un colpo solo, e in pratica in una sala sola, alcune delle principali testimonianze della scrittura etrusca. Nella Mostra sono infatti presenti due dei tre testi etruschi più lunghi arrivati fino a noi: oltre alla Tabula Cortonensis, che appartiene alla collezione permanente del Museo ed è la terza classificata, c’è in prestito il primo classificato, il Liber linteus di Zagabria (il secondo classificato, la Tabula Capuana, non si è invece mosso da Berlino). Inoltre, tra i testi brevi ci sono alcuni dei più famosi: la tavoletta con alfabeto di Marsiliana d’Albegna, il Fegato di Piacenza e i dadi da gioco di Vulci.
 
Dal mio punto di vista, la mostra ha anche una serie di meriti espositivi. Innanzitutto, mette a fuoco la grande varietà di usi della scrittura presso gli etruschi: tessere d’amicizia, dediche alle divinità, documenti legali… E a questo corrisponde la varietà di supporti. Una vetrina dedicata a “Testi e immagini” accosta esempi in cui la scrittura compare su uno specchio, su un serpente inciso su bucchero, su una punta di lancia, su un vaso da profumo. Ma basta girarsi di pochi passi per trovare scritte sui panneggi di una statua, sul modello di fegato conservato a Piacenza, e così via. Mancano, per ovvi motivi, testimonianze preziose come quelle dei dipinti su parete che fanno l’attrattiva di Tarquinia.
 
Un curioso contrappunto a questa espansività è l’approssimazione con cui molte di queste scritte sono tracciate. Accanto a scrittura quasi monumentale come quella della Tabula Cortonensis si trovano esempi sorprendentemente grezzi: il VS (in alfabeto latino , abbreviazione per suθi, ‘appartenente a una tomba’) malamente graffiato su una pelike ateniese del V secolo, ora al Louvre; oppure la scritta incisa sulla testa di un’elegante statuetta femminile – immagine scelta, non a torto, come emblema della mostra. D’accordo, dovevano essere sepolti, ma non mi sembra sia quello il punto.
 
Un grande merito dell’allestimento è che, se ho ben visto, sono presentate trascrizioni per tutte le iscrizioni (a eccezione di quelle più lunghe). Però sono rimasto molto sorpreso per il fatto che, in una mostra dedicata alla scrittura etrusca, non si parli affatto della lingua per cui quella scrittura è stata realizzata… L’unica nota, se ho ben visto, è una frase un po’ sconclusionata messa nella didascalia che accompagna una vetrina su “Scomparsa e ricomparsa dell’etrusco”: “Si deve arrivare alla fine del XVIII secolo per avere una più corretta interpretazione dell’alfabeto, e solo in seguito per ottenere una sufficiente conoscenza delle regole grammaticali e linguistiche [chissà che differenza c’è?]; lo studio della lingua etrusca è tutt’altro che concluso e prosegue ancora oggi con gradualità e spesso con buoni risultati”. Mah! Il non specialista potrebbe chiedersi, per esempio: perché le trascrizioni etrusche mescolano caratteri latini, normali, caratteri speciali e caratteri greci? Come si devono leggere parole come uθuraś? Forse sono di parte, ma mi sembra che un po’ più di attenzione agli aspetti linguistici non avrebbe fatto male.
 
Qualche nota sugli aspetti organizzativi: la sala dell’esposizione era surriscaldata; quando sono arrivato io, la stanzetta oscurata con il Liber linteus era del tutto al buio, e ovviamente non c’era l’ombra di un custode al piano (forse per via del surriscaldamento). Per fortuna, un’oretta dopo, proprio mentre stavo concludendo il percorso sono arrivati due addetti e hanno riattivato l’illuminazione, permettendo di vedere uno dei principali reperti della mostra.
 
Più in generale, il MAEC nelle altre sale vanta un allestimento moderno e piuttosto spettacolare, ma che nella mia prospettiva non chiarisce bene proprio i punti chiave e il contesto di ciò che si sta vedendo.
 
Tutti aspetti marginali, comunque. La cosa importante è il presentare una meravigliosa rassegna di iscrizioni, ben scelte e ben presentate.
 

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