martedì 9 dicembre 2014

Due libri di Franco Ricciardiello

 
Franco Ricciardiello, Cronache dell'arabesco di pietra
Su Amazon.it sono da poco disponibili come e-book due libri di Franco Ricciardiello: La rocca dei celti e Cronache dell’arabesco di pietra. Non dico che sono disponibili due “nuovi” libri di Franco perché entrambi i testi hanno in effetti una lunga storia. Il primo è stato pubblicato per la prima volta nel 1987, il secondo è una raccolta di racconti usciti tra il 1986 e il 1992. Il primo (disponibile anche attraverso il pacchetto Kindle Unlimited) racconta un conflitto che va avanti da millenni… e non parla dell’argomento che si potrebbe immaginare! Il secondo raccoglie invece tutti i racconti del “ciclo spagnolo” di Franco, cioè i suoi racconti ambientati, in un modo o nell’altro, in Spagna. Assieme, si tratta in sostanza dei suoi lavori d’esordio.
 
Il motivo valido e altruistico per consigliare entrambi i libri è che Franco è il migliore scrittore italiano di fantascienza della sua generazione.
 
Il motivo egoistico per consigliarli è che, in questa nuova veste, entrambi i libri sono aperti da mie introduzioni d’epoca. Nel caso della Rocca dei celti l’introduzione è formata da un mio profilo dell’opera di Franco che è uscito sulla fanzine Intercom nel numero 102, datato novembre-dicembre 1988. Per le Cronache, il materiale introduttivo è più variato e più tardo, ma parte comunque dal 1996 (quando scrissi l’introduzione all’antologia Racconti dal lago di Mandelbrot, pubblicata in formato elettronico da Delos Books).
 
A rileggere il lavoro del 1988 rabbrividisco un po’, perché è l’opera di un Mirko Tavosanis che, al momento della scrittura, non aveva probabilmente ancora compiuto vent’anni. Tempi remoti: c’erano ancora l’Unione Sovietica e il Muro di Berlino. D’accordo, c’erano Internet e i computer, in forma molto diversa da quella attuale, ma io non avevo accesso né all’una né agli altri. Il che non giustifica molte delle cose che scrivevo… ma tant’è. Alcuni modi espressivi, tipo l’uso delle abbreviazioni per i titoli, li avevo presi direttamente, se ben ricordo, dai non eccelsi lavori di Cesare Segre sulle Soledades di Machado e su Gabriel Garcia Marquez. E questa non è nemmeno la parte più imbarazzante dell’assieme!
 
Da un altro punto di vista, sono ancora orgoglioso del modo in cui, appena sbucato da un lungo periodo di studio e depressione, il me-stesso-più-giovane era riuscito a mettere a fuoco quelli che mi sembrano ancora oggi alcuni aspetti importanti del lavoro di Franco. A monte, soprattutto, c’era il rendersi conto che nel mondo della fantascienza italiana nessuno stava parlando di quello che pure veniva definito “autore-fenomeno del momento” e colmare la lacuna. Già: dietro, in fin dei conti c’era un progetto generale. Il lavoro comparve come seconda uscita di una mia ambiziosa rubrica su Intercom dedicata alla fantascienza italiana. E, allora come adesso, in mezzo a tanti autori irrilevanti Franco spiccava, perché era bravo e perché, soprattutto, era l’unico che avesse un suo mondo originale da raccontare.
 
Per questo mi ritrovai a cercare di mettere ordine al lavoro di Franco, tra libri, appunti e dattiloscritti. Battendo per ore, tap tap, sui tasti di una vecchia Olivetti Lettera 22.
 
Nostalgia? No, quello no... Però, tra le tante cose impresentabili del me-stesso-più-giovane, quella spinta ancora oggi mi sembra ragionevole. Anzi, forse, da recuperare.
 

giovedì 4 dicembre 2014

Heller e Ilić, Lettering large

  
Heller e Ilić, Lettering large
Ho letto e rimirato Lettering large: art and design of monumental typography, un grosso volume fotografico realizzato da Steven Heller e Mirko Ilić. Soprattutto, ci ho rimuginato sopra.
 
Ho già espresso tutte le mie perplessità sulle potenzialità ornamentali dell’alfabeto latino, a confronto con altri sistemi di scrittura. Questo libro non riesce a farmi ricredere completamente… ma mi spinge parecchio in questa direzione, anche grazie alla semplice quantità delle testimonianze. Nelle pagine interne sono inserite, se ho ben contato, 738 fotografie a colori di “opere” realizzate usando i segni di uno o più sistemi di scrittura. I soggetti sono in buona parte di recente realizzazione e spaziano dalle scritte monumentali sulle montagne alle decorazioni di interni, dalle sculture in marmo alle composizioni effimere. La qualità è molto variabile, ma in alcuni casi il risultato è di altissimo livello e vale ampiamente tutto il resto. Vedere per credere.

Va detto che, se vogliamo essere fastidiosi, il libro non è curato in modo impeccabile. I testi di presentazione non sono molto leggibili e presentano un numero molto alto di errori di battitura o di scansione (“Lepcis Magna” compare due volte a p. 129…). In alcuni casi, le stesse fotografie sono sbagliate oppure etichettate in modo confuso. A p. 63, per esempio, la prima didascalia dovrebbe riferirsi a una o più insegne del Parc de la Villette a Parigi, ma le insegne non ci sono e al loro posto compaiono due immagini riprese evidentemente da una mostra berlinese non citata nel resto del libro. Soprattutto, in molti casi occorre un lavoro notevole anche solo per capire a quali foto siano riferite le didascalie. Alle pp. 90-91, le immagini relative al posto di frontiera statunitense di Champlain si trovano per esempio distribuite su due colonne diverse in due pagine diverse, e in mezzo si trovano le foto di un altro posto di frontiera, Massena; a p. 123 una didascalia collettiva lascia molti dubbi sulla collocazione effettiva delle cinque opere riprodotte; p. 169 solo l’esame attento di didascalie e foto permette di associare correttamente le une alle altre; eccetera. Le informazioni non sono sistematiche, né nelle didascalie né altrove. Il quadro teorico è minimale. Non ci sono indici, nemmeno i più ovvi (titoli, autori, caratteri utilizzati e così via). Ma, d’accordo… Tutto questo è secondario davanti al semplice piacere della rassegna.
 
Monumento victimas 11-M, Madrid (p. 104, foto ruotata)
 
Per chi volesse poi avere una più precisa idea dei contenuti, il blog di Mirko Ilić presenta una buona serie di fotografie a pagina doppia!

A un livello più profondo, mi chiedo poi come sarebbero andate le cose se il lavoro fosse stato, appunto, meno sbilanciato sull’alfabeto latino. L’alfabeto arabo e quello coreano hanno possibilità estetiche meravigliose, e storicamente assai sfruttate; lo stesso vale per i caratteri cinesi. Eppure qui le fotografie pertinenti sono pochissime… per quanto, per esempio, al padiglione coreano all’Expo di Shanghai del 2010 venga resa giustizia in diverse pagine spettacolari.
 
Un altro rimpianto è quello per l’angolazione “monumentale”. La scrittura ha moltissime funzioni, che in Italia sono state studiate in particolare da Giorgio Raimondo Cardona. Questo libro però si concentra sulle opere dotate di una funzione puramente estetica: ci sono molte eccezioni, in particolare per le scritte pubblicitarie o di celebrazione, ma il nucleo di base è quello. Rimane quindi quasi del tutto estraneo al libro il mondo delle scritte dotate di utilità pratica, dalla segnaletica non pubblicitaria a tutto ciò che è collegato con l’insegnamento e alla didattica. E, confesso, un po’ mi dispiace che dalle opere inserite in questo libro, così ben combinate, spesso così soddisfacenti dal punto di vista estetico, il visitatore o il passante possano ricavare così poche informazioni utili.
 
Pensandoci bene, non mi dispiacerebbe se questi miei rimpianti potessero poi, in qualche modo, trovare soddisfazione nelle pagine di un altro libro. E sarei letteralmente entusiasta se venissero cancellati, alla radice, dalla realizzazione di qualche opera ancora inimmaginabile, capace di veicolare idee complesse in modo intuitivo, combinando utilità ed estetica attraverso una scintilla di ispirazione sovrumana. Per vedere quella, d’altra parte, più che sfogliare un libro sarebbe il caso di fare un viaggio. O addirittura un trasloco.
 
Steven Heller e Mirko Ilić, Lettering large: art and design of monumental typography, s.l., The Monacelli Press, 2013, US $45, CAN $51, ISBN 978-1-58093-359-9; letto nella copia della biblioteca LM1 dell’Università di Pisa.
 
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