martedì 11 novembre 2014

Barclay, I wonder what it’s like to be dyslexic

 
Barclay, I wonder what it's like to be dyslexic (da Kickstarter)
Giusto un anno fa ho “sostenuto” un progetto su Kickstarter: la realizzazione di un libro di Sam Barclay, I wonder what it’s like to be dyslexic. Il progetto ha avuto successo, il libro è stato stampato e la mia copia mi è arrivata dopo qualche mese. Poi, per le solite ragioni di lavoro, non sono riuscito nemmeno a sfogliarla… finalmente, nelle ultime settimane ho rimediato alla lacuna!
 
Il libro non è un trattato ma un esperimento. L’autore ha preso la traduzione inglese di un breve racconto di Philippe Delerm, Reading on The Beach, e l’ha riproposta in formati diversi, cercando volutamente di peggiorare in altrettanti modi l’esperienza di lettura. L’obiettivo è quello di dare un’idea ai lettori non dislessici dei problemi incontrati dai lettori dislessici. O, per dirla con le parole dell’autore, “This book aims to provide the reader with a beautiful, design led experience of what it feels like to struggle with reading”.
 
In una versione, il testo di Delerm viene quindi presentato in TUTTO MAIUSCOLE, invece che con la normale alternanza di maiuscole e minuscole. In un’altra, viene presentato storpiando l’ordine delle lettere all’interno delle parole (in qesuto mdoo…). In una terza, è bianco su sfondo arancione. Eccetera eccetera. Alcuni riquadri con spiegazioni teoriche e bibliografia forniscono poi un contesto a queste deformazioni – che peraltro, devo dire, a volte sono superate dalla realtà di molte impaginazioni “artistiche” di cataloghi o simili, che esibiscono un notevole talento nel complicare la vita ai lettori e da cui Barclay stesso forse ha tratto ispirazione.
 
L’autore fa giustamente notare che i suoi interventi non producono un vero equivalente delle difficoltà di lettura di un dislessico. Secondo alcune ricerche recenti, oltretutto, sembra che la difficoltà di lettura generata da alcuni dei fattori scelti cali rapidamente quando il lettore non dislessico si abitua alla nuova forma del testo. Per esempio, i testi in tutto maiuscole all’inizio rallentano la lettura, ma dopo qualche giorno passato a leggere in tutto maiuscole i lettori si abituano e riescono a leggere anche questi testi alla velocità con cui leggevano i testi “normali”. Tuttavia, l’obiettivo di Barclay è semplicemente quello di dare un’idea, non di costruire una simulazione perfetta. 
 
L’impaginazione in alcuni casi è interessante e gradevole, in altri è – in parte volutamente, immagino – goffa. Soprattutto, però, da iniziative di questo genere ci sono sempre diverse cose da imparare. La più interessante per me è stata la scoperta di un esperimento tipografico: il carattere You can read me, creato da Phil Baines nel 1995. L’obiettivo di questo carattere era quello di eliminare quanto più possibile gli elementi che danno forma alle singole lettere dell’alfabeto, mantenendo però la  riconoscibilità delle lettere stesse. Ne va di mezzo la velocità di lettura, naturalmente; ma tra tutti gli espedienti usati nel libro per dare un’idea della dislessia, sospetto che il più realistico sia appunto questo.
 
Conclusione pratica: se tornerò a fare corsi di scrittura come quelli che facevo una volta, per le dimostrazioni pratiche sulle basi biologiche della lettura mi porterò senz’altro dietro anche questo libro!
 

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