martedì 30 luglio 2013

Languages Go Web

 
Languages Go Web
Ho appena ricevuto la mia copia-autore di Languages Go Web: Standard and non-standard languages on the Internet, a cura di Emanuele Miola (Alessandria, Edizioni dell’Orso, pp. 154, € 16, ISBN: 978-88-6274-449-2)! Il volume raccoglie gli atti del Second International Workshop organizzato l’anno scorso a Pavia dal centro LETiSS e dedicato all’argomento di cui sopra. Il mio contributo, Non-standard rules: innovation you cannot find on the Italian Web, si trova alle pagine 141-151, e punta a mostrare come alcuni tratti ortografici “informali” della scrittura su Internet sono fortemente convenzionali, e non autonome invenzioni degli scriventi.
 
Al di là di questo, comunque, come già durante il convegno, mi fa piacere notare che chi si occupa di questioni italiane mostra ormai una decisa convergenza di opinioni su alcuni punti base. L’italiano di Internet non è una varietà di lingua – è, in un certo senso, qualcosa di meno (o di “diverso”). E la cosa, oltretutto, offre spunti interessanti per una riflessione teorica di più ampia portata: questo è un po’ il succo dell’intervento di Massimo Cerruti e Cristina Onesti, Netspeak: a language variety? Some remarks from an Italian sociolinguistic perspective (pp. 23-39).

Sulla stessa linea si colloca poi anche un altro interessante contributo, ”Wild language” goes Web: new writers and old problems in the elaboration of the written code, di Giuliana Fiorentino (pp. 67-90). Anche qui, la conclusione è in sostanza “that the Internet language is not in reality a variety of the Italian repertoire” (p. 87), e l’argomentazione riconduce i diversi tratti agli esempi storici precedenti – in particolare alla “lingua selvaggia” di cui si parlava negli anni Ottanta. Insomma, questa raccolta mi sembra dia un contributo non da poco al superamento dell’idea di un “italiano digitato” o di un “italiano elettronico” come varietà di lingua.
 

venerdì 26 luglio 2013

Sorpresa: il blog diario non è morto (ma quello con le K sì)

 
Negli ultimi anni avevamo dato per scontato che il blog diario fosse morto. Salta fuori che non è così.
 
Che cos’è, però, il blog diario? In linea di massima, un blog diario è semplicemente un blog dedicato alla presentazione di vicende personali del suo autore. Le classificazioni dei blog sono molto variate e divergenti, ma tutte danno spazio a questa categoria… anche perché, negli anni in cui i blog erano di moda, quello di “diario in pubblico” sembrava l’uso prevalente di questo tipo di siti. In generale, la categoria contrapposta può essere definita quella dei blog “tematici”, centrati non sulle vicende personali degli autori ma su un argomento specifico, spesso trattato con taglio giornalistico.
 
Di questi argomenti mi sono occupato in dettaglio nel cap. 7 del mio libro sull’italiano del web. Alle origini, avevo lavorato anzitutto sulla diffusione dei due tipi: una ricerca che avevo svolto nel 2007 su un campione di 100 blog mostrava che i blog diario, ricercati tramite Google Blog Search (servizio che ha cambiato nome diverse volte), sembravano in minoranza. Con una ricerca sui post, svolta nello stesso anno, avevo trovato percentuali un po’ più alte sull’allora popolare, e oggi defunto, sito Splinder.it. Tuttavia, al momento dell’uscita del mio libro nel 2011 mi sembrava che la diffusione dei blog diario si fosse molto ridotta, rispetto al 2007 – e non ero l’unico a pensarla in questo modo.
 
Le ragioni per sospettare un calo erano e sono ovvie: il desiderio di espressione del singolo oggi trova sfogo più facilmente su Facebook, che ha un pubblico già “incorporato”. Certo, la marginalizzazione dei blog diario non significava scomparsa totale… qualche blog diario continuavo (e continuo) a seguirlo regolarmente pure io. Ma, appunto, la sensazione era che fossero diventati ormai casi isolati.
 
Quest’anno, però, all’interno del mio pezzo di corso di Linguistica italiana II per la laurea magistrale in Informatica umanistica qui a Pisa, Mariagiovanna Scarale ha fatto una ricerca proprio per vedere se il genere era del tutto scomparso. Risposta: no.
 
La metodologia è stata un mix di quella seguita nei due studi del 2007 che ho citato, ma in sostanza è basata su quello del primo: fare con Google Blog Search la ricerca di una parola molto diffusa in italiano, andare a vedere i risultati partendo dalla ventesima pagina di risultati (SERP), aprire l’ultimo link riportato nella pagina e leggere il primo post del blog aperto, classificando il post (qui sta l’unica differenza rispetto alla ricerca originale, che classificava il blog e non il post), passare poi alla SERP successiva e così via. La classificazione è stata quella basata su tre categorie di base che ho usato anch’io: “diario”, “tematico” e “letterario”.
 
Risultati delle due ricerche, a confronto:
 
2007
  • Tematico: 59 
  • Diario: 31 
  • Letterario (o “inclassificabile”): 10
 
2013
  • Tematico: 71 
  • Diario: 20 
  • Letterario: 9
 
La classificazione è stata empirica e ha un margine di soggettività – però, per esempio, io l’avrei fatta allo stesso modo (tra i post esaminati non ne avrei spostato nessuno di categoria). Quindi, supponendo che sia una classificazione rappresentativa, che cosa si può concludere?
 
Direi in sostanza che il panorama dei blog sembra stabile. I blog tematici rafforzano la propria supremazia, ma le altre categorie resistono bene (e vale la pena notare che i blog diario che ho visto sono di regola scritti con estrema cura, da parte di persone che hanno un bel po’ di cose da dire e spesso sanno bene come dirle). Inoltre, all’interno di tutti i post esaminati non è stato trovato nemmeno un singolo caso di grafia espressiva (k per ch, eccetera): nel corpus di Splinder del 2007 era presente nel 10% dei post “diario”, quindi sarebbe stato legittimo aspettarsi di trovare almeno un paio di post con fenomeni di questo tipo. Invece, nulla. Il che conferma la mia impressione: questa moda sta tendendo al calo. Se fosse effettivamente così, non ne sarei affatto sorpreso.
 
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