domenica 24 gennaio 2010

Toccaschermi per gli avatar


Il vantaggio di sapere già tutto su un film, prima ancora di andare a vederlo, è che è difficile rimanere delusi. Soprattutto in un caso come Avatar, che ha una trama tanto prevedibile che il pubblico ha proposto un bel po' di idee alternative a costo zero.

Detto questo, poi uno va a vederlo (come ho fatto io ieri sera al cinema Nuovo) e il film va giù bene, senza sembrare troppo il temuto Balla coi Puffi. Il 3D si inquadra bene, il racconto scorre liscio anche senza intervalli, eccetera. Non sarà certo un film epocale, ma è uno dei tanti prodotti solidi di James Cameron.

A livello professionale, soprattutto, è interessante vedere la tecnologia del 2154 esibita nel film. Totalmente irrealistica in alcuni casi - a cominciare, è ovvio, dal presupposto del viaggio interstellare compiuto da quelle che Charles Stross chiama canned monkeys. Un po' più interessante quando si entra in ufficio. Lì evidentemente è stato fatto un bel po' di lavoro, e si vede qualcosa di carino. Roba che mi aspetto di avere sulla scrivania, senza aspettare il 2154, ben prima di andare in pensione; ammesso che sia utile...

La cosa più vistosa sono gli schermi trasparenti per computer. Carini, e qualcosa c'è già in giro adesso. Ma mi chiedo quanto sia pratico usarli, soprattutto in un ufficio animato, in cui sullo sfondo c'è gente che si muove - o magari altri schermi!

Oltre che trasparenti, gli schermi sono però anche sensibili al tocco, come si vede in diverse scene, e sono tanto ben raccordati che si può staccare senza problemi un componente per portarselo a spasso. Bene la seconda cosa, un po' meno la prima: alzare la mano e toccare un punto dello schermo è senz'altro un buon modo, in un film, per mostrare che un personaggio sta facendo qualcosa... ma sicuramente dopo pochi minuti le braccia dell'operatore inizieranno a lamentarsi. Beh, forse non su Pandora, pianeta con gravità ridotta, ma di sicuro sulla Terra il problema salterà fuori.

Molto belli anche i display tattici olografici, come quello che si vede nella foto qui sopra (proveniente dall'Official Photostream su Flickr, messo a disposizione, appunto, anche per "recensioni e commenti" sul film). Non sembra però che i creatori dei display abbiano investito molto sui comandi per regolarli, al punto che a un certo punto l'amministratore cattivo (Giovanni Ribichini) li passa con stizza a un subordinato; eppure il grosso dei controlli sembrava formato da una semplice manopola, come quelle che si usano per regolare l'avanzamento dei microfilm.

A me, però, interessante in particolare notare che cosa non si vede. I sistemi di immissione dati, per esempio, a parte i touchscreen già citati: non si vedono tastiere, anche se almeno in un'occasione un personaggio sembra scrivere qualcosa su una tastiera nascosta, né penne ottiche, né mouse. A brillare più luminosi per la propria assenza dal film sono però gli esempi di "realtà virtuale". Tanto di moda pochi anni fa, tanto spregiati adesso... Cosa un filino paradossale in un film in 3D.

Soprattutto, però, non è male scoprire che cosa è andata a fare Sigourney Weaver da grande: la ricercatrice-antropologa-linguista! Non sono brutte notizie, per chi si è visto Alien ai tempi in cui uscì al cinema.

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