sabato 31 ottobre 2009

Disegnare su schermo

Strano, a ripensarci, ma il lavoro di Sutherland è stato per un decennio uno dei modelli più importanti per mostrare come avrebbero lavorato con il computer i cittadini del futuro.

Nel 1968 Licklider e Taylor pubblicarono un profetico intervento sull'interazione uomo-macchina, The Computer as a Communication Device ("Science and Technology", aprile; il saggio è stato ripubblicato in un Research Report della Digital nel 1990 e oggi è disponibile anche come Pdf gratuito). Il testo era accompagnato da numerose vignette di Roland B. Wilson, opportunamente riprese anche nell'edizione moderna, che descrivono bene ciò che gli addetti ai lavori, all'epoca, si aspettavano dal computer.

In una delle vignette (quella in basso qui a sinistra) è mostrato appunto il modello base dell'interazione in stile Sutherland: il personaggio disegna sullo schermo un cuoricino un po' approssimativo e lascia che il computer lo regolarizzi e lo abbellisca. Così come faceva lo Sketchpad di Sutherland per le figure geometriche. Ma per quanto tempo si può tenere il braccio in una posizione del genere? Giusto l'anno prima, Engelbart aveva risolto il problema attraverso il mouse. E, comprensibilmente, oggi quasi nessuno disegna su schermo - tantomeno su schermo verticale.

Ma qualcosa si è perso: l'idea di comunicare attraverso disegni. Oggi il mouse si usa di solito per interagire con il computer, o per fare grafica professionale. La comunicazione con gli altri esseri umani si compie attraverso la tastiera (o il microfono), e le immagini complesse non vengono più "regolarizzate". Con qualche eccezione, peraltro...

mercoledì 28 ottobre 2009

Tradurre Rat-Man

Venerdì prossimo sarò a Lucca Comics per parlare della traduzione inglese di Rat-Man. L'incontro fa parte della serie Lavorare col fumetto, condotta da Andrea Plazzi, che è anche uno dei traduttori - oltre a essere un ben noto personaggio a fumetti, nelle vesti di Plaaax, del Sovrintendente Plazzus, di Semplicemente Plazzi, e così via...

Ecco la presentazione ufficiale dell'incontro:

Nella frase “Ma Rat-Man è intraducibile” ci va il punto interrogativo?

Andrea Plazzi (editor; co-traduttore in Inglese di RAT-MAN) e Mirko Tavosanis (Università di Pisa, Dipartimento di Italianistica) discutono un caso di traduzione. Interviene Leo Ortolani.

Appuntamento quindi per venerdì 30 ottobre, ore 15.00, nella Sala Incontri Camera di Commercio nel centro di Lucca.

mercoledì 21 ottobre 2009

In archivio col cannone

In una delle stanze d'ingresso dell'Archivo de Indias a Siviglia c'è in mostra un antico cannone proveniente dalla Nuestra Señora de Atocha, un galeone affondato nel 1622. Il cannone è qui perché il relitto è stato individuato negli anni Settanta anche grazie a informazioni contenute appunto nell'Archivio.

Un cartellino informativo messo accanto al cannone spiega la vicenda e il ruolo dell'Archivio nel ritrovamento (che ha permesso di recuperare anche un bel po' di lingotti d'oro). Il messaggio sottinteso sembra essere: "ecco un esempio di quel che possono fare gli archivi".

Vero, ma il ripescaggio di qualche lingotto d'oro impallidisce rispetto a quel che è implicato dal resto delle carte. Raccolti qui a partire dalla fine del Settecento, i documenti sono la testimonianza del modo in cui la Spagna ha gestito per tre secoli un intero continente: in buona parte, attraverso la scrittura. Trattati, documenti, atti amministrativi, eccetera. Mi spiace esserci passato nei giorni tra un'esposizione e l'altra, in un momento in cui non c'era praticamente nessun documento originale in mostra per il visitatore di passaggio; ma in questi casi, quel che conta è l'idea...

martedì 20 ottobre 2009

Arabo e latino

Un rapido passaggio nel fine settimana da Siviglia e Granada mi ha rimesso di fronte a un vecchio dubbio: come mai la scrittura araba si presta così bene a usi ornamentali, e quella latina no? Capisco che le cose siano diverse per il cinese, ma perché dev'esserci una simile diversità tra due scritture alfabetiche?

Forse la risposta è strutturale. Molte varianti di scrittura araba in fin dei conti si basano su tratti verticali e tratti orizzontali, in uno schema relativamente semplice. La scrittura latina invece è basata su lettere di altezza uguale nel "maiuscolo", su tratti che spuntano un po' sopra e un po' sotto la lettera nel caso del minuscolo. Forse questo rende più complicata la vita a chi vuole farne un uso calligrafico.

Mi chiedo però se la questione sia stata affrontata, in questi termini, da qualche esperto del settore. Anche la Blackwell Encyclopedia of Writing Systems di Coulmas si limita a dire che, rispetto alla tradizione europea, l'uso artistico della calligrafia "was much more pronounced in the Far East and in the Arabic-speaking world of Islam", senza speculare ulteriormente.

Resta il fatto che il confronto diretto, come si può fare per esempio nei Reales Alcazares di Siviglia (una sorpresa in sé: chi avrebbe mai immaginato che Carlo V si fosse sposato in una stanza piena di iscrizioni in arabo?), è impietoso:


giovedì 15 ottobre 2009

Toccaschermo

Qualche giorno fa ho fatto un giro a Mediaworld e ho visto un paio di modelli di computer desktop touchscreen. Idea interessante, ma problematica dal punto di vista dell'usabilità.

Il problema base è semplice e ben noto: tenere la mano sollevata all'altezza di una superficie verticale (o semiverticale) è faticoso. Se non c'è piano d'appoggio, si può fare per pochi secondi alla volta.

Questo, tra l'altro, è uno dei motivi che hanno determinato il successo del mouse rispetto a strumenti più diretti di interazione. Quando nel 1963 Ivan Sutherland ha realizzato il primo sistema grafico di interazione con il computer, Sketchpad, il mouse ancora non esisteva e la tecnologia della light pen era relativamente matura (come si vede nella fantastica foto di Sutherland al lavoro, che piazzo qua a destra riprendendola dal sito da Wayne Carlson, visto che non sono riuscito a trovare e a citare la fonte originale). Ma le prove di Engelbart hanno mostrato a fine anni Sessanta la superiorità del mouse per il contatto grafico con il computer nella maggior parte dei casi. Certo, il mouse è "indiretto"... ma lascia lo schermo libero, non fa perdere tempo per raccogliere la penna e portarla allo schermo ogni volta che si devono alternare strumento grafico e tastiera, nérichiede piani inclinati per sostenere il braccio.

Che fortuna possono avere quindi i computer da tavolo con touchscreen? Limitatissima, direi, come nota per esempio, a proposito di notebook, questo recensore di Wired. Che prodotti del genere arrivino addirittura alla grande distribuzione mi sembra come minimo curioso.

lunedì 12 ottobre 2009

Perché non comprerò (subito) un Kindle

La notizia ha avuto ampia diffusione: dal 19 ottobre Amazon distribuirà anche in Italia (e in buona parte del mondo) i Kindle, che finora erano limitati al mercato americano.

Il meccanismo di funzionamento è semplice. Si pagano 279 $, si riceve un Kindle dotato di autonoma scheda telefonica 3G, e da quel momento in poi si può cominciare a comprare libri. O, come dice Jeff Bezos, avere accesso ovunque a un qualunque libro in sessanta secondi.

Non male, in effetti.

Allora, però, perché non comprarne uno?

Ragione 1: finanziaria. Duecentosettantanove dollari più spese di spedizione più diritti doganali fanno, secondo le stime di Amazon, 371,98 $, che sono un bel po' di soldi (250 € al cambio attuale). Il tutto per un oggetto che non è un libro, ma che serve a leggere libri.

Economicamente la cosa ha senso se il prezzo dei libri elettronici è tanto basso da compensare il prezzo dei libri su carta che comprerei nell'arco di vita dell'apparecchio. Stima non tanto facile da fare, visto che compro una discreta quantità di libri inglesi e americani, ma che spesso li compro usati, e che altrettanto spesso il costo maggiore è quello di spedizione. Diciamo, in prima approssimazione, che un libro elettronico mi farebbe risparmiare in media il 50% (ed è una stima alta).

In questo caso, Kindle conviene se, diciamo, in tre anni di vita dell'apparecchio compro 160 € l'anno di libri. Nel 2007, che è stato un anno record, ho speso su Amazon.com 267,34 $, inclusi i costi di spedizione. Sono 179,28 € al cambio attuale, cioè a malapena sopra la soglia indicata.

Poi è vero che qualcos'altro l'ho preso su Amazon.co.uk, ma insomma, il margine di risparmio mi sembra basso - e non tale da spingermi a immobilizzare 250 € nel lettore. Soprattutto visto che...

Ragione 2: ben pochi tra i libri che mi interessano sono disponibili in versione Kindle. Ho fatto il controllo, e nessuno dei libri che sono in attesa in questo momento nel mio carrello su Amazon.com è disponibile in versione Kindle. D'accordo, in formato Kindle ci sono già centinaia di migliaia di titoli... ma io sono un lettore un po' particolare.

Le cose cambieranno di sicuro nei prossimi anni, ma per il momento l'idea di comprare un Kindle per vedere in sessanta secondi i libri che mi interessano non sembra particolarmente sensata.

Ragione 3: se anche trovassi i libri, e mi convenissero, c'è la questione del DRM (= non posso prestarli, o neanche archiviarli in modo sicuro... a differenza dei libri tradizionali). Sì, d'accordo, prima o poi probabilmente anche Amazon si convertirà ai testi senza DRM, come ha fatto iTunes con i brani musicali. Ma quando?

Ragione 4: L'usabilità di questi libri per motivi di studio è ancora scarsa - come è stato ripetuto anche su questo blog. Se dovessi solo comprare romanzi, non avrei dubbi. Ma su altri prodotti sì. E in pratica io compro e leggo per il 90% saggistica.

Insomma, per me l'era del Kindle non è ancora arrivata. Sospetto che non sia lontana, ma non inizierà nel 2009.

domenica 11 ottobre 2009

Ancora sul Kindle e sul giornalismo di seconda mano

Mi ero ripromesso di non insistere troppo sulla faccenda dei Kindle "restituiti" a Princeton. Però poi non ce l'ho fatta e ho inviato una domanda specifica a Janet Temos, direttrice del Centro che si occupa del programma Kindle.

La risposta è stata decisa: nessuno degli studenti coinvolti nel programma ha restituito il proprio Kindle. La dottoressa Temos ha poi aggiunto che, a quel che sapeva lei, nessuno dei numerosi servizi giornalistici che si sono occupati della faccenda ha parlato di "restituzione" del Kindle.

In sostanza, quindi, l'articolo del Corriere della sera da cui era partito il mio discorso conteneva davvero un'informazione inventata, cosa che avevo sospettato fin dal primo momento e che non mi entusiasma. E purtroppo il punto in sé, che a prima vista potrebbe sembrare secondario, non lo è affatto. Che gli studenti si lamentino di avere difficoltà con il Kindle è un conto; che arrivino a restituire l'apparecchio dopo pochi giorni è tutt'altra faccenda, e ben più rilevante. Tant'è vero che il Corriere ha usato proprio questo "dettaglio" per il sottotitolo del pezzo in home page, insistendo sul fatto che alcuni studenti avevano "riconsegnato" il Kindle (anche se qui devo andare a memoria, visto che questo titolo non mi sembra sia più reperibile sul sito del giornale).

Insomma, confermo il giudizio di partenza: questo e' l'ennesimo esempio di come gli standard giornalistici italiani siano laschi rispetto, per esempio, a quelli americani. Peccato, ma del resto temo che in Italia i lettori internazionalizzati e specialisti facciano sempre meno ricorso ai quotidiani italiani come fonte di informazioni affidabili.

mercoledì 7 ottobre 2009

Oltre l'immaginazione

Nel senso che in questo momento sono su un treno e mi sono accorto solo ora che lavoro al computer, rispondo alla posta elettronica e aggiorno blog (ehm) con collegamento 3G via cellulare. Tutto come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Cinque anni fa era ancora impossibile. Quindici anni fa si iniziava a malapena a immaginarlo. Più indietro era fantascienza e basta. Scrittura in rete, ovunque, sempre disponibile e modificabile.

sabato 3 ottobre 2009

Pdf sotto vetro? Abbiamo provato per voi... Acrobat Digital Editions

I problemi con i libri da annotare spingono a riflettere sul modo in cui lavoro con i libri - e in generale, sul modo in cui lavoro. Io e molti altri.

Oggi, per esempio, si lavora spesso con i file Pdf, di solito aperti con il semplice Acrobat Reader. Il che significa innanzitutto: nessuna possibilità di modificare il testo (punto su cui tornerò più avanti). E problemi aggiuntivi, a cominciare dall'impossibilità di riaprire il file là dove si era interrotta la lettura la volta precedente. Al solito, in un libro a volte le pagine si aprono da sole al punto in cui eravamo rimasti, e alla peggio si può usare un segnalibro... ma perfino il lettore di file Pdf di Air Sharing per iPhone offre lo stesso servizio; e così molti altri programmi paragonabili.

Non, però, il classico Acrobat Reader. Che tra l'altro, in modalità schermo intero, mi lascia una sensazione strana: come se il libro fosse lì, dietro lo schermo del computer, intrappolato letteralmente sotto un vetro.

Per fare un passo avanti mi sono quindi installato Adobe Digital Editions (gratuito, come il Reader) e ho fatto qualche prova di lettura. I risultati non sono stati entusiasmanti. E' vero che, a differenza della versione base, Digital Editions ricorda l'ultima pagina aperta di un documento già letto; ma per il resto mostra limiti curiosi.

Innanzitutto non legge tutto ciò che il Reader è capace di aprire. Per esempio, l'edizione Pdf di Libraries of the Future di Licklider (otto mega di file) si apre con il Reader, ma non con Digital Editions. Lo stesso per The Wealth of Networks di Yochai Benkler, che ho messo in programma per il corso di Linguaggio del web del prossimo semestre. E così via. In generale, i problemi nascono su file piuttosto grossi - cioè proprio quelli su cui la funzione di "riapertura automatica" sarebbe particolarmente utile.

Poi, non c'è una modalità a schermo intero, analoga al classico ctrl+L del Reader. O perlomeno, anche guardando la documentazione io non sono stato capace di trovarla. E così, un testo su fogli A4 o assimilabili lascia comunque parecchio margine attorno alla pagina e riesco a leggerlo solo se i caratteri sono grandi. Se sono piccoli, la pagina intera diventa visibile solo facendo scorrere i contenuti.

Infine, si possono inserire segnalibri, ma le funzionalità sono molto limitate e, per esempio, non si può semplicemente evidenziare una parte di testo.

In positivo, il programma dispone di una funzione "libreria", che mostra anche qualche dato sui file inseriti. Però i file vanno individuati a mano, e non c'è l'analogo delle funzioni "Cerca sul tuo computer" che permettono di costruire librerie di foto (p. es. con Picasa) o di brani musicali (p. es. con iTunes). Diciamo che andare in caccia della libreria fa capire quanti Pdf si accumulino sul computer, e quanto poi sia difficile anche solo capire di che cosa si tratta in base al semplice nome del file ("prc00456.pdf": che cosa sarà mai?).

In definitiva: Digital Editions non può sostituire il semplice Reader. Toccherà tenerseli tutti e due, in attesa che venga fuori qualche cosa di meglio. A meno di non spendere qualcosa per verificare i programmi analoghi a pagamento...

giovedì 1 ottobre 2009

LIbri di testo elettronici: i problemi continuano

Stamattina il Corriere della sera parla dei problemi con l'uso di Kindle da parte degli studenti di Princeton. L'articolo, di Elvira Pollina, è in buona parte (ovviamente) solo sintesi e traduzione di un articolo pubblicato negli Stati Uniti: classico giornalismo italiano di seconda mano, con tanto di citazione leopardiana messa al posto dei dati... E anche sui contenuti ho qualche dubbio, per esempio quando l'articolo dice che "in molti si sono ridotti a stampare i capitoli da studiare ed alcuni hanno preferito riconsegnare l’e-reader e ritornare al libro analogico". Informazione che non ritrovo sul testo di partenza e che sospetto sia frutto (secondo l'italico costume) delle libere deduzioni dell'autrice.

Però, per fortuna, l'articolo ha un rinvio al testo originale, pubblicato dal Daily Princetonian, che è una solida descrizione di fatti e testimonianze (scritta da un* student*, Hyung Lee, destinat* a laurearsi nel 2012). Spicca, tra i problemi notati da docenti e studenti, il fatto che il Kindle non presenta i numeri di pagina, a differenza delle edizioni su carta, e questo comporta difficoltà nella verifica delle citazioni... Eccetera. Come dice uno studente:

“Much of my learning comes from a physical interaction with the text: bookmarks, highlights, page-tearing, sticky notes and other marks representing the importance of certain passages — not to mention margin notes, where most of my paper ideas come from and interaction with the material occurs,” he explained. “All these things have been lost, and if not lost they’re too slow to keep up with my thinking, and the ‘features’ have been rendered useless.”

Insomma, oltre al giudizio sullo strumento, da queste testimonianze emerge un bel panorama di buone pratiche didattiche - che da noi sono spesso considerate inutili pedanterie. Meglio inventarsi qualche pezzo di informazione, o infilare in un testo un mezzo verso di Leopardi...
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